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giovedì 26 agosto 2010

Dite a tutto il mondo che ho paura di morire!!






"Ma come fanno a prepararsi a mirare al mio viso e alle mie mani, a lanciarmi delle pietre? Perché? Sono Sakineh Mohammadi-Ashtiani. Dite a tutto il mondo che ho paura di morire. Dalla prigione di Tabriz ringrazio quelli che pensano a me". Sono le ultime parole credibili con le quali la donna iraniana di 43 anni, madre di due figli, chiede aiuto. Condannata per adulterio e per complicità nell'omicidio del marito, dopo quelle frasi uscite tramite un'organizzazione umanitaria dal carcere, Sakineh è stata costretta a una finta confessione in tv e il suo avvocato, Mohammed Mostafei, è dovuto fuggire in Norvegia.

Ma da quando Mostafei ha fatto conoscere al mondo la vicenda di Sakineh, si sono moltiplicati gli appelli e le richieste anche ufficiali al governo di Teheran perché la donna non venga uccisa. L'ultima iniziativa, che da oggi si può firmare su Repubblica. it, è una lettera di intellettuali francesi che chiedono a Teheran di "mettere fine a questo genere di metodi come a questo castigo iniquo e barbaro", invocando anche "il rispetto della dignità e della libertà di tutte le iraniane oppresse o minacciate". Fra i firmatari, il sociologo Edgar Morin, gli storici Elisabeth Roudinesco e Max Gallo, lo scrittore Marek Halter, i filosofi Daniel Schiffer e Michel Serres. A seguito della mobilitazione internazionale delle ultime settimane contro la sua esecuzione, l'Ambasciata iraniana a Londra ha rilasciato una dichiarazione l'8 luglio 2010, affermando che la condanna di Sakineh Mohammadi Ashtiani non sarebbe stata eseguita tramite lapidazione. Tuttavia, la sua posizione legale non è chiara, dal momento che il suo avvocato non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale sulla commutazione della sua condanna a morte.

Durante il processo, Sakineh Mohammadi Ashtiani ha ritrattato una "confessione" rilasciata sotto minaccia durante l'interrogatorio e ha negato l'accusa di adulterio. Due dei cinque giudici hanno ritenuto la donna non colpevole, facendo presente che era già stata sottoposta a fustigazione e aggiungendo di non aver trovato le necessarie prove di adulterio a suo carico. Tuttavia, i restanti tre giudici, tra cui il presidente del tribunale, l'hanno ritenuta colpevole sulla base della "conoscenza del giudice", una disposizione della legge iraniana che consente ai giudici di esprimere il loro giudizio soggettivo e verosimilmente arbitrario di colpevolezza anche in assenza di prove certe e decisive. Giudicata colpevole dalla maggioranza dei cinque giudici, Sakineh Ashtiani Mohammadi è stata condannata alla lapidazione.





Come morirebbe Sakineh, condannata alla lapidazione, se la pressione dell' opinione pubblica internazionale non riuscisse a bloccare la mano ai suoi carnefici (è attesa per oggi la sentenza sul riesame del caso)? Avvolta in un sudario bianco, verrebbe sepolta fino al petto e uccisa da parenti e astanti a colpi di pietre, le cui dimensioni dovrebbero essere tali da non consentirle una morte troppo rapida. Di media grandezza, le pietre dovrebbero garantire la durata media dell'esecuzione: circa trenta minuti. Che l'orrore senza pari suscitato da questa esecuzione sia dovuto alla sua barbarie è ovvio: ma forse ad accrescerlo gioca anche un'altra considerazione, che come spesso accade è legata alla storia. La lapidazione non è mai entrata a far parte della nostra cultura giuridica. Nel mondo classico, nel quale affondano le radici del nostro diritto, «il chitone di pietre» (come lo chiama Ettore, nell'Iliade) era una forma di giustizia popolare al di fuori di ogni controllo istituzionale, che non fu accolto nel «giardino dei supplizi» né greco, né romano. La morte con la pietra era un'esplosione di rabbia popolare, veniva inflitta da gruppi spontanei, senza accertamenti preliminari della colpevolezza. Non era un'istituzione giuridica: a «fare giustizia» non erano dei terzi estranei. La partecipazione delle parti offese all'esecuzione era in insanabile contrasto con l'esigenza dello Stato nascente di superare la fase della vendetta e di entrare in quella del diritto. Anche per questo il pensiero della lapidazione ci colpisce in modo particolare. Perché ci rimanda a una preistoria del diritto che ci illudevamo di aver per sempre superato. Secondo il comitato internazionale contro la lapidazione dal 1979 sono state effettuate 150 lapidazioni.





NOTA
Per firmare l'appello contro la condanna a morte di Sakineh eccovi il link:
http://www.amnesty.it/flex/FixedPages/IT/appelliForm.php/L/IT/ca/216
Per favore, firmatelo!! E se non sono riuscita a rendere il link cliccabile (perchè non ci riesco mai!!) fate copia e incolla dal vostro browser! Vi ruberà solo pochi secondi del vostro tempo!!
Grazie


8 commenti:

(^_^) ha detto...

Cara l'ho detto anche io...e l'ho urlato, sottoscritto l'appello che spero possa eliminare le umane vergogne per sempre.
il mio grido é sempre lo stesso
BASTAAAAA!!!!!

Dhiana ha detto...

Grazie per questo post informativo. Firmerò sicuramente la petizione. Ciao

Curly ha detto...

Copiato incollato, firmato.
Ho le lacrime agli occhi tra un misto di rabbia, tristezza e senso di inutilità completa. CHE ORRORE. CHE ORRORE

Ligeja ha detto...

Anch'io mi unisco a tutte le persone che hanno finora firmato l'appello, sperando che simili barbarie, possano avere fine una volta per sempre...

Valentina ha detto...

Grazie! Lo faccio subito! Anche io ho segnalato sul mio blog, bisogna farsi sentire! Un abbraccio!

riri ha detto...

Grazie, lo farò.
Mi piace il tuo blog, verrò a leggerlo con calma, prima che arrivi il mio nipotino dalle vacanze.
Condivido e mi ritrovo (a parte i miei 60 anni suonati), in molte delle cose che hai descritto parlando di te..posso dirti che hai degli occhi bellissimi?
Un saluto da una napoletana che risiede a Torino.

DIANA. BRUNA ha detto...

Grazie carissima,
firmerò per l'appello perchè non è giusto morire così nel 2010!!!
Un abbraccio
Bruna

☆ღ )O(Claudia)O( ღ☆ ha detto...

Grazie a tutte voi!!

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